Yoga Healing e lavoro

Il quarto comandamento riguarda l’onore e il rispetto dovuto ai genitori. Il comandamento è espresso nella forma positiva di un dovere da compiere. L’osservanza del quarto comandamento comporta una ricompensa: insieme con i frutti spirituali, arriveranno frutti temporali di pace e di prosperità; al contrario, la trasgressione di questo comandamento arrecherebbe gravi danni alle comunità e alle persone umane. Questo precetto è talmente radicato in tutti noi, che è alla base delle regole di comportamento e fedeltà nella società civile e, nel mondo del lavoro in particolare, del rispetto delle regole gerarchiche e verticistiche. Nessuno osa metterlo in discussione, tanto lo diamo per assoluto. Ci sono diverse ragioni che impediscono di accettare come assoluta questa verità. Quando un rapporto è tossico, va chiuso. Non esiste niente di assoluto. In quanto esseri umani, nasciamo tutti con un cervello non del tutto strutturato, e abbiamo bisogno di amore, esperienze positive e costruttive, stimolazione intellettuale ma soprattutto fisica, di gentilezza. Non solo da parte dei nostri genitori, ma in senso ampio anche da parte di ci sta attorno nei primi anni della nostra infanzia. Questo consente al nostro complesso sistema  – fisico, mentale, emotivo, spirituale – e non solo al nostro cervello, di strutturarsi in modo ottimale. Se, al posto di tutto questo, riceviamo botte, violenza, negligenza, è logico che la struttura complessiva non può completarsi come dovrebbe e i diversi livelli saranno tra loro disintegrati, non integrati. Il mondo del lavoro, dominato non dal galateo o da un codice etico, ma dalle ragioni dell’interesse economico e personale, è un serbatoio di frustrazioni e tensioni che emergono nei rapporti tra le persone a tutti i livelli. In particolare nei rapporti da e con i vertici, di qualsiasi grado. Questo perché, tendenzialmente – e non come regola, per fortuna – più una persona è mossa in ambiente lavorativo da forti pulsioni ad emergere, più ottiene successo e controllo sugli altri. Il mondo del lavoro premia i risultati. Ovviamente a qualsiasi costo. Ben venga se la spinta ad ottenerli passa per una forte energia. Questa energia di base può giungere da una fonte positiva, ma anche da una inconsapevole rabbia o un bisogno di emergere. Il serbatoio lavorativo si presta bene ad accogliere queste spinte per ottenere l’approvazione e il rispetto (o l’amore) che da altre parti non abbiamo ricevuto. Soprattutto inconsapevolmente. Rarissime sono le persone che affrontano serenamente un percorso di reintegrazione, partendo proprio dalle esperienze della propria infanzia. Come afferma la nota psicologa Alice Miller nei suoi libri, c’è il dolore e l’angoscia della nostra personale infanzia che vogliamo evitare. Se accettiamo il fatto che noi stessi siamo stati traumatizzati, feriti, umiliati nella nostra infanzia, delle emozioni sgradevoli come la rabbia, la tristezza, l’angoscia possono tormentarci, e noi vogliamo evitarlo a tutti i costi. Ci si pone la domanda: che ne farò di tutte queste emozioni una volta che le avrò risvegliate? Allora, si preferisce non svegliare il cane che dorme e ci si ripete che tutte le spiegazioni sull’infanzia non hanno veramente importanza e si china la testa di fronte a quei comandamenti che ci hanno inculcato. Si può dire a questo bambino che si deve sentire responsabile e non uccidere un altro bambino. Ma le prediche saranno vuote di senso e del tutto inefficaci nei confronti di un essere che non ha mai imparato l’empatia per gli altri, perché questa persona non ha empatia per se stessa. Ha imparato solo la crudeltà, ed è ciò che mette in pratica. Conosco anche molte persone che sono state picchiate e che non vogliono vivere incoscientemente e ripetere automaticamente ciò che hanno passato. Ma è vero che la maggior parte delle persone riproducono senza riflettere ciò che hanno vissuto. Purtroppo spesso le ritrovo in ambiti lavorativi, in qualsiasi ruolo. Non condanno queste persone, ma mi sforzo di comprenderle. Non c’è solo il maltrattamento, ma anche la negligenza di cui sono vittime i bambini piccoli, l’ignoranza dei loro veri bisogni, la mancanza di rispetto: li ritrovo in ogni adulto che “spreme” altri adulti. Quando un bambino impara prestissimo che non merita rispetto, evidentemente, non può rispettare gli altri a sua volta. Sceglierà il più debole per trattarlo nello stesso modo in cui è stato trattato lui. Se la società lo mette anche nelle condizioni di un ruolo riconosciuto per poterlo fare, emergono le aberrazioni che avvelenano i rapporti nei luoghi di lavoro e il benessere di corpo, mente ed emotività di chi subisce.

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