Sento caldo oppure ho caldo?

Durante la seduta Yoga chiedo alle persone di sentire nel corpo le sensazioni fisiche e i segnali che arrivano proprio dai muscoli, dalle ossa, dagli organi interni. Capita alcune volte che una persona arrivi alla fine della sessione e mi dica: “scusa…ma io non ho sentito niente…avevo solo un gran caldo…”. L’unica risposta è “senti quel caldo. È una sensazione”. Allora, quasi stupita, la persona aggiunge particolari, come “mi sembrava di essere su una graticola” oppure “mi sembrava di avere delle braci nella pancia” o, ancora, “mi sembrava che il corpo bruciasse”. Ecco, queste sono sensazioni. Io ho un libro, ho un’automobile, ho un computer portatile. Non posso “avere freddo o avere caldo”: sento freddo e sento caldo, sento le braci o sento una lastra di ghiaccio. Questo è il sentire. Il trauma dissocia il nostro corpo proprio da questa capacità di sentire. Il fatto che lo stesso linguaggio si riferisca a certe sensazioni come a un “possederle, averle” e non a “sentirle”, è proprio segno di una dissociazione anche a livello sociale, la cui origine è ancora una volta traumatica. Quando prendo le distanze da questo sentire – proprio in senso razionale e questo lo lascio emergere nel linguaggio – è proprio perché quella sensazione è il sintomo fisico di un’informazione traumatica più profonda, depositata nei corpi più sottili. Il nostro involucro mentale tende a proteggere sé stesso e il corpo proprio dall’energia traumatica incorporata in questi strati più sottili, però questo fa sì che a livello cosciente non riusciamo proprio a catalogarla come sentire. La conseguenza è questo “prendere le distanze”, considerare l’informazione come qualcosa che abbiamo, ma come se non facesse parte di noi. In realtà quella è proprio un’informazione facente parte del Sè. Non solo: siamo noi stessi in quella particolare forma. Rifiutandola, prendendo le distanze, considerandola come qualcosa che abbiamo ma di cui faremmo volentieri a meno, ci pare di negarne l’esistenza, ma in realtà neghiamo una parte di noi che chiede d’essere ascoltata per come si manifesta, così com’è.

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